sabato 31 dicembre 2011

96 - Il palindromo d'amore

L'amore è una simmetria centrale
cori di natia poetica dissonanza,
corpi di cinica incorrispondenza di forme,
qual paesi confinanti in guerra per la pace,
qual lande complici nel lasciarsi rigare
dallo stesso Danubio,
qual piane d'intrigo nel lasciarsi cingere
dalle stesse Alpi,
qual isole attraccate allo stesso mare porto
d'imperturbata tempesta.

L'amore è una simmetria centrale
menti d'autonomo raziocinio,
prismi efficaci d'una bava di bianca luce
irradiano lampi di feroce colore
qual folli fuggitivi appostati nella beata
coerenza d'un arcobaleno.

L'amore ha un numero, il 96,
esso incarna la simmetria
nell'agorà dei clivi-stili fratelli d'opre,
nell'affacciarsi di soli opposti
di lune dalla candida ira,
nella purezza del finto ignorarsi delle sue cifre
così maledettamente suo
così diverso
dal groviglio d'astri del fratello
numero vivido della lussuria di Vishnu.

L'amore è una simmetria centrale,
lungo la piana della lettura di tutti
riconsegna la Vostra speciale diversità,
ma per quanto la si rovesci
la si sovverta
la si scagli
la si bruci quella pagina,
dal talamo della Vostra lettura,
essa urla sempre lo stesso sospiro.

[Continuate a volare]

venerdì 30 dicembre 2011

Non chiedermi com'è essere ...

Non chiedermi com'è il cielo,
il grande specchio
riverbero eterno d'ansia
pel volo di fenici in anime.

Non chiedermi com'è il fuoco
il grande oceano di lapilli di passione,
parvula ballerina ondeggiante
s'un cerino madido, di speranze.

Non chiedermi com'è la poesia,
la grande madre assassina,
delicato cappio di vitreo ansimare
glorioso Respiro, Zefiro di fiele.

Non chiedermi come sono le parole
esse non carpiscono il profondo
segreto del tuo, del mio, Io
lo avvicinano
soltanto.

Non chiedermi come, chi, io sia,
mi rispecchio nel librarsi d'onde di quel riverbero,
ardo in quella danza all'ombra d'una fioca luce di stearica,
ansimo di libertà in quello Zefiro,
disegno parole in quel distaccato tentativo
d'avvicinarmi.

mercoledì 28 dicembre 2011

The shelter of magnificence inside Wolfgang flag

Wolfgang feels fear in freezing frames
of an elderly trumpet,
shining in pride of a golden brass.
He waves his talent
as a knight, defeated by love,
who shakes his princess gift
in a screeming crowd of winners
dead men

Wolfgang and his name, 
howling in a night of silver chords,
walking like a pigeon in the sky,
flying like an artist in a world of engineers.

His music is a stepping stone of wind,
she allows you to plunge into the deep lake of your soul
she allows you to count your days writing in the sand
lovely cuddled by the uncertain tied of a sea in diamonds

His music is a purple rain of dreams
on the hills and chasms of Monnalisa
she gently obliges you to feel
she gently obliges you to live
she gently obliges you to leave

Your heart in a flight of swallows

Wolfang would never
No man would ever
trouble his soul to imitate
something he does not already feel a part of himself
like a stone on a crown
like a finger on a hand
like a dream in a mind
like craziness in virtue

Never forget your magnificence
is in your soul,
not in the clay
of feelings - people - events
you are modelling
in your life.

martedì 27 dicembre 2011

Il sorriso di tungsteno del viandate

Grigio metallo odoroso
dall'itinere ricurvo,
danza il mostro silente
di grida velate dal sonno.

Rotaie riluttanti
scivolano ripide
lungo lo ieratico piano
talamo del pio, stanco, fiume.

Volto corrugato di giovinezza
trascina operoso
paccottiglia roboante
sudate carte ispiratrici,
spento nel brillare del suo volto.

Lì appresso s'appiccano focolari,
rifulgono stelle matte di sole,
donzellette tessono mo' spole
i dì della festa.

L'arrivo pomposo d'un timido sole
bacia il mostro divaratore
ancora intento nell'esercizio
turbatore assorto della quiete
dei gelsomini.

La grande città attende nera
di là di quel cuscino di nembi.

La grande città bisbiglia amara
di là di quell'urlar di vento.

La grande città brulica di pensieri solitari
di là di quel carro gremito.

Il grigiore funereo
del tungsteno volto del viandante
s'ammanta d'ocra scoppiettante
al transitar dell'energia del pensiero,
al dolce chiarore d'una,
un'idea:
la comprensione dell'infinito
privilegio di poter pensare sogni,
libero dai binari.

sabato 24 dicembre 2011

The Oracle of the little dancer in a Christmas ball

May the Holy grandfather wake up my mind
with the gentle whistle of the sunrise;

May the Holy grandfather caress my hair
with the calm storm
wuthering in eagles of fireworks
from the giant river of love in tears;

May the Holy grandfather feed me
with the eternal cream of birth,
with the undying death of the sun
over the thalamus of the horizon

May the Holy grandfather show me how
to twist my eyebrows,
acting like William at the Globe,
and paint the perfect curve,
turned on a lathe in the rainbow;

May the Holy grandfather tingle my time
with the vivid bells of the rain,
crying over the smiling emerald
of the hills of Suburbia

I swear
I will,
I finally will
Let my heartbeat
match the beat
of the Universe

I swear
I will,
I finally will
Let it be my inspiration.

[thank you little dancer in a Christmas ball]

I volti di pianto delle automobili

Rombo ordinato di furenti grancasse,
Feroce tichettio di display di luce inanimata,
Guazzabuglio sensato di traiettorie,
Occhi accesi fissi sul cammino.

Sorridono, con Loro, nelle bolle di sapone della domenica
barriscono, con Loro, nell'ira funerea del mattino d'opre,
attendono, con Loro, la liberazione quotidiana della notte dal giorno,
invecchiano, con Loro, nel continuo balzellare su fiumi di codesta grafite.

Son destrieri fedeli,
son state università per giovani amori illiterati,
son gabbie ove si cantano le Loro canzoni,
son state maledette bighe dell'amico Fetonte sfortunato.

Potevano essere lo strumento
per accorciare il mondo,
per conceder Loro una visione di globo.

Possone esser lo strumento
per accorciare il tempo,
per rifuggire Loro dal mondo.

Lasciano la scelta
di dirigersi ove desiderano
sempre rispettando fila e percorso
sempre marciando avanti
sempre, io con Loro.

La sete di socialità dell'odiatore di società

Orso pascolante,
meravigliosa giumenta languente
lungo la piana verdeggiante
dello scosceso suo pensiero,

Appallottola i sudati drappi,
pergamene unte di sognante raziocinio,
osserva un mondo non suo
impugnando lo stilo fremente
madido di sangue
di un vissuto costeggiato.

L'omicidio è perpetrato
La maramalda scorribanda effettuata,
Il ratto d'Altre passioni ultimato,
ogni qualvolta egli s'affaccia
dall'irta balconata de' suoi adunchi graffiti.

Dimentica,
Ignora,
forse odia
che il mostro, enorme, che l'angustia
si fregi di medaglie d'occhi
di Persone,
sgomiti di vigore di pulsioni
di Persone,
s'abbigli di veli d'inibizione
di Persone,
s'interroghi con quesiti d'ambra
di Persone

come Lui.

Egli, nell'ardente distendersi per un abbraccio
Le respinge
Egli, nell'ipotetica discesa per un incontro
Le schiva
nella ridente lagrima per una compassione
Le canzona.

Ch'invece quell'universalità sia pronta al particolare?
Ch'invece quella macchina sia pronta ad incarnarsi in passione di membra?
Che quella sete possa, al fine, appagarsi di volti in sete,
menti - anime o sorrisi
in foglie di verdeggiante autunno di grotte?

Noi, stami d'attigua solitudine
in una fredda primavera.

giovedì 22 dicembre 2011

Il volo di due anime, lucciole in un barattolo

Balbettio di note
cromate a festa funerea di dolcezza
d'una rosa impallidita di vividi petali di pergamena
ad ermetica recensione
di miracoli in strade di polvere e monti in plexiglass.

E'un miracolo di parole,
ascoltare la rupestre danza dei ricordi,
storie di vite in camei di glassa,
Lei redige una stenotipia del destino,
pesa come tempera
allieta la perfezione intonsa della tela diurna di Non Io.

E' un miracolo di paesaggi,
l'ariosa minutezza del luogo
apparecchiato da nuvole in fiori;
la delicatezza di una lama di fumo,
il sangue di un calice di vino rubino,
quali fedeli compagni
del peregrinare di Non Io, nella notte.

La trasparenza di quei muri,
ascoltare Lei è sibilarne oltre,
sfila il guardo di Non Io
nell'acerrimo conflitto tra cortesia d'auditore e pace dei sensi,
incontro di destini in iridi fiammeggianti
di fioca luce
come lucciole in un barattolo.

lunedì 19 dicembre 2011

I miei ghirigori di sale

Dipinto vivente
deserto di sale d'evocativo effluvio,
monti glassati da intemperie
a far da vedetta
a viventi ibbellettatisi
a cornice d'esplosioni in fogliame.

Poesia qual candela candida
in necropoli d'opale di mozziconi
spenti simulacri di rabbie inspirate
o vivide nature morte d'un carboncino fiammeggiante.

All'alba del dì caduto
Maestà cenciose danzavano come possedute,
trascinavo Hemingway verso una periferia di metallo
sollazzo in libagioni con menta di ghiaccio.

La sabbia è cemento sgretolato in scalpitii,
Il caldo è quello dell'anima baccante,
Il mare è quello degli occhi funesti,
E' la suggestione a valerle coerenza.

Ella amalgama crete di fogge d'Arlecchino,
frantuma cocci in stelle di Murano
mentre io ne registro le mosse
nel museo dei figuranti assenti.

Da lontano un Wilde,
impettito nella cellulosa d'ostrica,
bonfonchia odi per il vino,
sussurra a Frank che
ravviatosi un ciuffo dinamitardo,
smiccia i miei ghirigori di sale,
blaterando d'ali di sogno.

La fratellanza delle Iridi piovute

Vascello di pietra impallidita
tenera imperitura scorza
di coriacea minuta conchiglia
dal cuore di perla.


E' una voglia di ceramica ciò che ti pretende,
E' una scaglia d'Idra ciò che ti perplime,
E' una Madonna ignuda quella che vedo.


Epidermide come intonsa veste di vestale,
Iridi gemelle gocce dello stesso mare,
Iridi sorelle scogli tuoi ad argine d'oceani miei.


E' un cinguettio d'ali nella pioggia,
un urlo di piacere in una cattedrale di cliché,
un ansimare dipinto dal vapore nel freddo del mondo,
un clivo di stelle per saltare nell'infinito.

Il ceruleo Pacco Dono

Un can can di lumini folgoranti,
Un pellegrinaggio sacrilego di dobloni gambuti,
Un vespero chiassoso d'odiati amanti,
Moltitudini di vermi su mele acerbe.

Un crocicchio di autobahn deserte,
Un bisticcio di delicate, fuggitive carte in veli,
Un rombo inconsulto di grande città aperta,
Moltitudini di venti in latte di carta.

Generosità ed amore figurate in alberelli
Passione e vita figurate in fiocchi,
Tu per Lei in teneri orsi, fameliche vite di libelli,
Mondi di santi ed assassini ammorbati di balocchi.

Consumare è catarsi
abbellisce il mondo
imbrattandolo di faville cineree.

Consumare per testimoniare gioia
svuota le montagne
abbatte i laghi
dei Valori.

venerdì 16 dicembre 2011

Il giuoco arbitrario d'un abito fiammeggiante

Fiducia in grappoli d’iridi luminescenti,
lei bella di fiele s’accomoda in talami ondeggianti
vacui rododendri di pienezza assorta,
contemplazione fugace avvolta
in miele di tenerezza.

Gaudenti passioni d’incontri
Battaglie di lame d’assolata solitudine,
Il Don Giovanni solo nella sua passione,
seduzione d’ozio in versi

Le steariche a veglia continua
d’una città vecchia di plexiglass
lì sotto
qui davanti
sola per me
tutta per noi

Significanti e significati
intrecciati in libertà di ciocche,
criniere d’orgoglio sopito
di magistrali illitterati cantori cantanti

Monnalise in cartoline
sibilano entro teche
carmi fugaci
d’amori in riposo

Mondi sfilano
mentre cardellini cantori rimano strofe,
bivaccano penurie,
sfogliano margherite di pergamene,
abbruttiscono spartiti con chiavi di Sol

Note in danze cromatiche
percezione in bieco, cieco, sfilare di ombre
Luci dissonanti cinguettano
su un orizzonte ovattato

Parole selezionate per messaggi dimenticati
Voci selezionate per cori di sola melodia
Ouverture maestose per chiusure fuggitive
una Senna di pianti in una Parigi ridente

Solamente invettive di Nulla
Solamente raccolte di sparute moltitudini
Solamente gogliardi in funeree ufficialità
Totalmente noi, tutti, e il nostro abito fiammeggiante

Il lago di Tchaikovsky - La ballerina che schiaffeggia il vento

La ferocia di cristallo di Lei,
ballerina che schiaffeggia il vento,
gentile e perduta
come appena ritrovata,
perla di vino ch’arde nel cuore
gemma di sole in notti di gelsomini
calor di lana in cocci di freddo.

La dolcezza di sangue di Lei,
ballerina che schiaffeggia il vento,
imita Giotto
nel distendere i perduti rami della Venere di Milo,
santa voglia di vivere
in pagane alcove di passioni,
diamante di carbone nascosto nel mondo,
fuliggine d’ardesia incantata in cielo di vetro,
tempera marmorea su tele di seta.

L’eleganza di stracci di Lei,
ballerina che schiaffeggia il vento,
si veste dei suoi pensieri
santa di castità nella cera d’ocra del suo tempio di pelle,
rapace di passione nel secreto rifuggire il guardo,
fedele d’amore nel suo danzare,
librarsi di libellula,
punge il mondo stagno con acume di brezza
in pensieri stellati.

Il vento s’accomiata
le ripone diligentemente le rette ciocche,
la ballerina guarda il cielo
solo acre odore di comete,
vibrante ozio di vedute,
solo un’altra passione,
solo un’altra illusione?

Solo il silenzioso tripudio d’un Dio spettatore pagante

martedì 13 dicembre 2011

Il quesito della Sfinge: l'animo che gattona

Il mio animo gattona
si rialza a fatica,
ciondola agitando un sonaglio,
ride contento, di Nulla.

Il mio animo gattona
assaggia vivande prelibate
annullate nella loro fisicità,
puree, melasse, gelatine colorate
ride contento, di Nulla.

Il mio animo gattona
canticchia filastrocche odorate al crepuscolo,
prima del sonno profluvio di voce prudente di madre,
raziona verità appuntite da Altri,
scuote il mondo con vigore indomabile,
fugge al bordo del giardino - mondo conosciuto,
per restar fermo
a farsi cullare dalla dolce neve di carta,
in una bolla,
ride contento, di Nulla.

Il mio animo cammina su istanti di lapislazzuli brillanti,

descrivere accarezza il vivere
non separa, fa osservare

descrivere nuota nel vivere,
non lo rimira da lontano, lo bacia

descrivere rincuora il vivere,
non lo giudica, lo benedice di poesia.

domenica 11 dicembre 2011

Fryderyk l'acrobata sul dorso del Pentagramma

Fryderyk scivola innamorato
sui tasti di una tastiera
gracchiante nel suo elettrico gracidare,
essi
s'alzano baciando il cielo
s'abbassano rispettosi al tocco autoritario
di dita affusolate
rastremate dal freddo accecante del parco;


Fryderyk respira lento
in pace con ogni battaglia del vivere nell'oggi
folle disattente di fedeli laici
lo rimirano
lo scrutano
gli infliggono la peggiore delle offese
gli somministrano il più vile dei veleni;


Non vedono la Sua musica
Ascoltano qualcuno che ardisce,
spera di suonare una Lacrimosa così.


Non vedono le Sue mani su ali d'angelo,
sovrappongono onde sonore al tracciato conosciuto.
Ascoltano qualcuno ch'ardisce
spera di suonare una Lacrimosa così.


Non vedono il suo cuore danzare sul pentagramma
lo collocano, frantumano e distribuiscono
entro gli iati intra quei righi.
Ascoltano qualcuno ch'ardisce
spera di suonare una lacrimosa così.


Chopin gli tende il filo del Pentagramma,
Fryderyk profonde fenici d'ardire
vi aleggia su quel filo.


Ardire di strappare musica da tasti gracchianti.
Ardire di emettere danze da balzi, ondeggiamenti in vortici.
Ardire di amare te incantando il mondo d'amare Giulietta.
Ardire di dipingere il frastuono d'un pazzo mondo muto
con petali dissonanti di pergamene annerite.

Giano Bifronte e la sua cecità celata: Il corpo e la mente

Bisogno pulsante in grotte,
Necessità latrata in decadenti androni,
Brama ferocemente spirata in ovatta di bomboniere


Corpo e mente,
perfezione d'odio - incanto d'amore
se non fuse destinate ad annientarsi


Sete spergiurata in fonti, pendici di Dio
Fame di briciola brancicata dal solingo volatile,
piccione affamato valido alfiere d'un cielo di fumo;


Corpo e mente,
perfezione d'odio - incanto d'amore
se non fuse destinate ad annientarsi


Desiderio ardente in scrigno di seolta dimenticanza;
Apertura all'altro in esami d'ingresso,
vessatorio censimento di cliché prima di scoprirsi davvero.
Comprensione in esperanto biascicato, balbettato,
cementabile solo con un bacio di labbra alfiere di genti.


Corpo e mente,
perfezione d'odio - incanto d'amore
se fuse commedia di desideri - sinfonia di passioni.

Le bianche betulle di Aushwitz

Fischi di vento tra le fronde,
fusti d'avorio ornati di disperato,
affiatato abbraccio di muschio.


Tornite dal respiro affannoso del Nord
guardano tristi lo spettacolo del nulla
quiete irreale gela pensieri
quiete irreale incornicia racconti
quiete irreale addobba in ghirlande
stemi urlanti di primavera mai giunta;


Ignorate dal guardo di capi scostanti,
contenitori accarezzati in drappi
riparo di menti, condite d'esempio;


Ruggine delicata ammorba rotaie
che delineano il terreno
scavandolo di clivi
ergendolo di fossati;


Ricordo alleato d'insegnamento
Freddo di lama, memento imperituro nell'attimo

Le bianche betulle di Aushwitz,
candide spose all'esequie dell'Umano.

sabato 10 dicembre 2011

Le nere mani affusolate della città addormentata

Bacco, ondoso taciturno 
brulica di disio 
brutali edifici in terracotta


Rami neri d'aggrottata superstizione
scivolano sul talamo d'un cielo 
costantemente violaceo,
striato in fila fervente
da soli di neve
aerea sublime compagna dei nembi


Manti - scudi di pacifici fiumi
s'ornano del barluccichio fremente
della città, dolce addormentata.
Ella viaggia sola,
nutrendo di biada inverdita 
lo stanco, recalcitrante destiero della storia.


Paesaggi come uomini,
tempo fermo cinto in camere di tende.
Vita come riarse colline
clivi perigliosi come eroi mancati.


Sia data ispirazione assopita 
Sia data gemma d'autunno fiorito
Sia data notte d'eterno sole
Sia dato un filo d'argento teso
ad un acrobata senza arrivo 
solingo assolo di calendule e viole.

Le bianche betulle di Aushwitz

Fischi di vento tra le fronde,
fusti d'avorio ornati di disperato,
affiatato abbraccio di muschio


Tornite dal respiro affannoso del Nord
guardano tristi lo spettacolo del nulla
quiete irreale gela pensieri
quiete irreale incornicia racconti
quiete irreale addobba in ghirlande

stemi urlanti di primavera.


Ignorate dal guardo di capi scostanti,
contenitori accarezzati in drappi,
riparo di menti condite d'esempio


Ruggine delicata ammorba rotaie 
che delineano il terreno 
scavandolo di clivi
erodendolo di fossati


Ricordo alleato d'insegnamento 
Freddo di lama, memento imperituro nell'attimo,
Le bianche betulle di Aushwitz,
candide spose al funerale dell'Umano

mercoledì 7 dicembre 2011

Il mondo delle foglie ondeggianti: il Paese degli eroi dannati

Effluvio affasticchiato di scricchiolanti macigni,
le terre dell'Est si aprono a corona trionfante di pavone
piangono felici oltre un vetriolo di grigie cortine,
Taranta di soli nel paese dei bui


Popolazioni di nomade sedentarietà
scrutano con dubbio iconoclasta,
sfidano destini sovrani
ed un freddo tagliente a mo' spada di Cyrano
col calore vibrante di una poesia balbettata,
libertà cercata - trovata in fondo a viali fumosi


Cigolano marmorei portoni
di mausolei d'isolata di fratellanza,
mitteleuropa in suono di Balalaike
stridenti come amori infreddoliti


Venti di romantica impressione
tagliano anime con fare di bruti
mentre menti in cimieri di bionde chiome
preservano poesie al'ombra di edifici in grafite


Hemingway in un vestibolo di eternità
smiccia carmi con l'innaturale supponenza del vincitore,
trionfa in beata ignoranza


Frederick ammanta di lasciva costanza
ebano ed avorio di continental coerenza
mentre la sua Lacrimosa
impone lacrime di rugiada in vento
ad anime, ispettrici di tiranni


Stimoli disordinati,
brama in lattine,
sfiducia in cerimonie
tripudi in ammantati nembi
gioie in coarcervi d'eroi


Mondo bastardo,
figlio dell'esperienza
consegni dipinti di Picasso incompresi:
rigide lune in aurore di seta
emozioni dipinte su animi d'acqua
caroselli in solitari monologhi
rivoluzioni in menti sole.

martedì 6 dicembre 2011

Bisticcio di pulsioni: s'ha ancora da giocare la mossa vincente

Va ancora scritta, la più dolce poesia
Va ancora illustrato, il più acre teorema
Va ancora rullata, la più lauta grancassa

E' già arrivato, il verde merlo
E' già arrivato, lo spazioso anfratto
E' già arrivato, il brullo paradiso

S'ha ancora da percorrere il verboso rutilio,
S'ha ancora da mangiare la rosa di Ponente,
S'ha ancora da giocare la mossa vincente

Così tuonano qui, i giocatori di scacchi

Il parco li tiene in palmo,
loro forti della loro vanità
miseramente dominano la scacchiera

Muovono torri d'avorio,
regine d'ebano,
alfieri di neve e destrieri di pece.

Accarezzano dubbiosi Re in corone sbeccate

Agitano armate di signori
Agitano gonfaloni imperituri
Agitano vassilli in velli d'oro

E di lì fiocatosi l'ardimento del certamen
attendono un cenno del faro d'Alessandro,
il Padrone assicura loro un sicuro viatico
su strisce pedonali

S'ha ancora da giocare la mossa vincente

Barlumi di passato all'ombra accecante del planetario: Voglia di correre

Voglia di correre:
arrotare arti in volte concentriche,
mulinare vento in oliate articolazioni,
smottare vili preoccupazioni con eroico, forsennato, gesto di Filippide


Voglia di correre:
boomerang aborigeni di parole in libertà di libellule,
rispettosi insulti a vite cattolicamente intarsiate,
balzi felini d'un bambino dormiente


Voglia di correre:
docce ghiacciate in bolle - Valium di menti,
proiettili fumanti appoggiati su bocche digrignate,
neve in proprilene su volute sgomente


Voglia di correre:
borbottare solitarie sinfonie,
depositare fulmini d'intelletto in trecce di carta,
scuotere montagne nella sottile sorriso della striatura d'un pennello


Voglia di correre,
stare qui per non perdere un minuto
del capolavoro
che un buon Dio proietta sul lenzuolo del cielo

lunedì 5 dicembre 2011

Un fischio di Beethoven sulla mulattiera di sale

Dio, pellegrino scalzo
percorre frettoloso una mulattiera di sale
fischietta Beethoven
in un Bolshoi di muti

Rimbrotta un passante
annodato al suo idolo
in stretta, impietosa
Gassa d'amante

Dio, pellegrino scalzo
saltella contento su un prato verde
ringrazia il Creato
per aver conservato
un angolo di casa sua
come l'aveva lasciato
insomma Voluto

Prega con sguardo attento, 
Vede con romanzi nel cuore,
S'affama da cornucopie d'amore,
Brilla in luce d'un roseto spento

Dio, pellegrino scalzo
sfila la sua spada di china,
apparecchia il tavolo per il Mondo
con frasi di grano,
con parole d'uva lavata,
con sillabe di frutti d'oceano,
con lettere d'arcaica contraddizione.

      

Il malato d'immaginazione

Il malato s'aggrava
   dolce cicuta dopo dolce cicuta


Il malato s'aggrava
   addenta oppio setoso
      falena dopo fringuello
      falco dopo farfalla


Il malato tossisce
in barriti di respiro
s'aggrava
Osserva un mondo di soli, uniti,
bramoso di vederli
e sguinzaglia via il guardo
allora ch'essi l'incontrano col loro


Il malato mormora grida
   carezze dopo baci
       soffi dopo respiri


Il malato s'aggrava
inerpicandosi sano
su sogni come colline Tibetane,
dorsi d'asino in attesa
alle colonne d'uno dei tanti, stanchi
Paradisi


Il malato s'aggrava
è guarito
la medicina riposa in sé
di là d'un respiro di sole borbottante
    attimi dopo infiniti
    ciglia dopo manti di nebbia

sabato 3 dicembre 2011

Il maledetto brillare delle stelle di cartapesta

Cane,
respiro infruttuoso d'orgiastico piacere di rovi
massiva sostenuta visione d'Altro in circonflesso corroborato
calmo, commiato di stelle in cartapesta,
trionfo in graffiti rupestri


Poeta,
pffffffffffff
vago orditore di trame,
feticci in parole rubate ai grandi,
come bambino picchietto pianoforti d'eroi con mani d'assolata ignoranza,
estinzione in posa ignobile
personaggi in sequela di decadente commistione
gaudente perfezione
osservata in versi;


D'un pezzo
monolite 
ti vogliono


D'un pezzo,
cavaliere di speranze asciutte
madido di convinzioni in grantico frumento 
fermento d'angeli - putti pagani;


Beltade 
costeggiata, rimirata lì appresso
con il vitreo fluire d'arabeschi decotti


Beltade
avviluppato bianco in sorde pergamene
gramofoni stanchi d'incanto perduto


Cenere in balocchi di disio 
Mustacchi ondosi su volti canuti 
poesie su scorze marmoree di cinici errabondi


Gozzoviglie in ghirlande


Un cane, 
bianco del suo splendore in paccottiglia 
versata 
orinata
su un vivrebbe tetro di luminescente futuro 


Gracchiano corvi lucenti
fischiano strade vermentine 
serpeggia dubbio imbelle


Cambio per compiacere il mio Io


Sublimare il discreto odio per Non Io e i suoi nembi 

martedì 29 novembre 2011

La compostezza di vento del Duca Agricoltore

Gementi giornate d'inverno inflessibile
scintillano nel Murano machiavellico dei fiocchi,
neve grigiastra va ammansendosi
nel tangere il plumbeo carezzar della nebbia;


In nobile profilo dell'antica villa,
cornice rosata ad un Van Gogh appuntito,
tracciato di candide bocche voraci,
imbadisce miseri tavolati nodosi
con la levigata corteccia dei legumi,
fratelli dormienti su quel letto
d'ocra in granturco lavorato;


Le barchesse germinano in arti scheletrici
dal rosato corpo della villa,
il Duca Agricoltore doma con ratto
movimento di braccia, fiero mulinar di polsi,
belve feroci, enormi
di motori rombanti;


Le accomoda in disceso collimante ordine
all'ombra della magnolia,
Ella, pia madre della villa
La cura,
avvolta nell'abito di matriarca del suo fusto fiero
colonna eterna
agghindata da Cerere con racemi smeraldo
del dolce privilegio di dorata primavera;


Il Duca Agricoltore appoggia sulle spalle
pesante iuta dal collo abraso,
misera cornucopia di sementi
di paesi lontani;


Composto nel panneggio imperfetto
della candida veste, sottesa
in fine cinta, vitreo richiamo
alla sottile linea, perfetta, della cravatta;


Sembra non fatichi,
Sembra stia docendo letteratura,
Sembra si prenda cura del nipote
ad ogni andata, sobbalzante di sollievo
ad ogni ritorno, chino su quel peso
ad ogni gentile indicazione
per il geniale, illitterato, compagno di fatiche


Per il bambino è un eroe,
Per il paese è un esempio,
Per il mondo è un brav'uomo,
Per Me è un Duca:


"esare Siori non vol dire avere i schei,
          esare Siori vol dire non avere paroni,
                   esare Siori vol dire essarlo dentro ala to testa - al to cuore"


[Ciao Nonno]

giovedì 24 novembre 2011

Il Conte drammaturgo salpa con il veliero del Globe Theatre

Il Conte drammaturgo,
accovacciato nell'angusta grotta di selce
profonda crepa del velo di Maya,
la leviga con canti silenti d'apostrofi
l'accarezza con la soffice sommità dello stilo
la ferisce d'amore con il diamante dell'elegante piuma 

Il Conte drammaturgo
scivola nelle lande delle imploranti genti
biascica gli eterni lampi della sua poesia
mentre un volgo in madidi stracci
espugna la propria anima dal sudiciume che l'ammorba
contemplando le gesta degli eroi,
amanti in vita di tele pinte
in aggroggate distese di pace

Il Conte drammaturgo,
vinto trionfatore,
intaglia il cammino nella vita a cammeo della sua poesia.

Raggiunge vette di vissuto
mentre appaga il cuore nel baratro della perfezione.

Visita mondi rinchiuso nella Torre,
solleva monti intingendo il vello dell'angelo nella china,
soffia sulla storia nel suo cortese accarezzare le pagine della pergamena,
striscia sul terreno nell'aleggiare distaccato dei suoi passi,
bacia la sua donna con il dolce strale,
sguardo secreto dai suoi zaffiri
incastonati nell'oro del suo intelletto;

Danza nel tripudio d'una gioia non sua,
Sir William fu un'icona
lui, la profumata tempera
che rese Oro la lamina d'un lucente metallo
di parole sole.

mercoledì 23 novembre 2011

"Marmellade of stars for me!" told the Ancient Mariner of Time

Flowing - Founding - Flashing
desert in stormy weather of consciousness
the Ancient Mariner of Time slammed the door of destiny
barking at the old Chancellor of the Ministry of Experience

He harvested his wooden voice twice,
and gently remembered the world
his Truth inlaid in gentle marmellade of stars:

<< Panta rei suggests in charms his Majesty Eraclitus

Tempus fugit spoke up Virgilius
crawling in the peace
of his emerald lands

Be pleased of your life, no certainty hides behind tomorrow
advised his honour De’Medici,
whistling his heathen poetry
in a shining Westminster of damnation

Monsieur Sartre,
admiring the infinity hidden in a while,
curiously observed:
“Time  is too wide. They tried to full it, but He does not want to be filled. Everything you through in it just decay and disappear”>>.

The Ancient Mariner of Time
brought the new portrait of future
to the kind carelessness of humans.

He, the man who sailed the seven seas,
He, the man who smiled at the death of the Sun in the Isthmus
He, the man who yelled at the Destiny at the chasm of the World
He, the man who frightened the Ancient gods with the soft thunder of his inquisitiveness
He, the man who ruled his world from the prison of his soul

The Ancient Mariner of Time whistled its Truth,
drawing away the curtains of Karma.

<< Time, beloved enemies,
it is not a killing desert with marble oasis of memories,
it is not a storm in the bloody ocean,
it is not a furious river in its inundation of thoughts

Time is a gentle elderly grandfather
smoking his pipe and sipping his life,
snorting smoke in clouds,
sweetly watching at his nephew.

The little boy runs towards that little garden,
for him
it is a jungle of adventures:
every little hill would look like giant Everest of life,
every little stone would weight like thousand of doubts,
every run would be a marathon,
every fall would be a somber jump in the dark,
every stick of wood leaned one to the other would be a castle
every young lady would be his Beatrix
every love in arms would be his Big Bang in Universe of thoughts
The Ancient Mariner moved out,
and before slamming the door,
played his violin to the old Chancellor of Experience:

If the little boy keeps its dreams in the cathedral of his life
he will sit next to the holy grandfather
watching the portrait of his world
shining on the treasure of wisdom.

martedì 22 novembre 2011

La Babilonia delle sete squadrate: Dorian mesce rivoli nel tempo

Un frammento d’ora,
miserevole accozzaglia di 60 cilindrici minuti,
un’ora,
costipata celebrazione d’idee appoggiate come foglie sulla corrente,
un’ora,
sottratta al tempo,
scoglio ondivago indossato mo’ cimiero di retto oceano tempestoso
un’ora,
morsa alla pagina
amore – passione eterna in virgolettati di lucciole pulsanti
un’ora,
vile impresa d’eroe
dannazione ognuno ha bisogno d’un eroe” – ognuno possiede bramosamente un eroe

Un’ora,
mentre fuori è 1 ora dopo le streghe, a cui si accalcano 16 rutilanti minuti
qui dentro,
li dentro
NON ESISTE IL TEMPO

Un’ora,
per stridere l’ammantata perfezione della pagina
con polpastrello intriso di china,
l’alone sulfureo mi consegna dipinti d’ansiosa libertà,
Un’ora,
per redigere una recensione di quel pessimo capolavoro,
avvedermi dell’inversione totale delle cronache di Dorian.
L’ossimoro acquista esiziale coerenza di pace,
le mie poesie,
il mio ritratto
bello della sua bruttezza oggettiva,
raccapricciante nella sua costernata perfezione soggettiva,
resta intonso al trottare dei cavalieri delle nefandezze
come il Mio cuore.

Un’ora,
per erigere invalicabili mura di respiro nel mio cervello,
sono tanti i Non Io,
sterminati i Me Stesso che lo affollano di vacuità.
Il petrolio delle “anime belle”
galleggia minaccioso sul lago del mio spirito,
lo scanso conscio che il fastidio che percepisco
richiama la sola collosa mobilità,
avvinta al mio tentativo di pesca.

Petrolio
in frizzi di saltimbanchi sciancati
in sberleffi di clown disperati
in motti di spiriti perduti
in ciglia aggrottate su volti levigati d’inespressivo, incipriato pallore
in burle di buffoni, attori di uno stantio cliché

Solo un’ora,
per addentare ancora la pagina
per sorridere di nuovo alla bellezza di perla
custodita nel fondale di questo mondo.