lunedì 31 ottobre 2011

Impressione: Sol che dorme

Beato muricciolo
intarsio di pia maiolica
ideale propaggine
di frastagliata costa
tornisce
con ammantati flauti di Mozart
l'enorme tavola lacustre d'Adriatico

Poseidone innamorato distende
tinte turchine in pastello d'incanto,
sberleffi di placidi marosi
intrattengono ripe petrose
con affabulanti racconti d'Hemingway

Stanco sole cadente
libera in abbraccio di sale
un indaco suadente che,
inghiottito vorace il pastello del meriggio,
accende d'oro un firmamento,
tiranno di visioni

Spettacolo per plebi smisurate
tratteggiato da nobili avamposti
smicciato in lontananza
dai piccoli tocchi di china
in stormi d'uccelli raminghi

D'Africa assolata
spira vento di boreale stupore
sibila nel Dalmata corridoio
con inclito, rassicurante
cimento di baleno

Pensieri in fragorosi silenzi
mi sottraggono alla veduta
mi beo,
rappacificato con l'animo di mondo,
mi riunisco alla vibrante schiera
di cristalli di cielo
a me simili
con un bacio a te
speziata falce
di luna d'Oriente.

[veduta dal castello di Miramare (Trieste), un abbraccio amici]

giovedì 27 ottobre 2011

Jimi #58 morde anse di pietra con chitarra di baleno

Jimi,
in notte d'astri pagani
scatena rilasci in festoni
d'un turbinio in moto ondoso
di flutti ribelli di crine

danza su quel ferro
con digrignate calzature
in denti d'avorio candido;
bacia l'assaporata chitarra,
gusta litanie in rombi di grancassa

Il charleston sgembo
culla la sua voce
roca di fumo e perdizione
mentre un basso dalla cadenza tonante
scolpisce un ritmico richiamo
atavico sentore di libertà.
Canta Hey Joe,
parla d'un pazzo
efferato assassino

Io l'astraggo
mi soffermo impudentemente,
aiutato da un inglese
come antilingua calviniana,
dimentico la storia
pongo orecchie d'affidamento
al solo riverbero della canzone

Hey Sic!

Accartoccio pergamene di pensiero
che scaglio irato
contro il Destino
mai così presente quanto ingiusto!

Astro di gioventù
tutti t'abbiamo pensato in visioni.
Fetonte sibilavi il cielo con quel carro del Sole
da sempre tuo,
te lo sottrò solo un Apollo infido,

per alcuni osasti,
per alcuni ignorasti le conseguenze
per me volesti danzare, 
ancora una volta,
su quel ferro come Jimi

fosti
solo Te stesso.

Vivevi una vita
d'innovativo cliché,
un miglio per volta,
viaggiavi con gli uomini
tra gli uomini.

Sorpassavi in scossa di scintille
prima col sorriso dell'intelletto
della tua disposizione all'Altro,
poi con lo slide morsicato
della tua chitarra di baleno

Ridevi di normalità,
mescevi musica
in arabeschi di chioma ribelle,

Chisciotte in tuta da super eroe,
a te l'immortale onore d'averci dato un sogno
da grandi
restando un ragazzo come noi ...

Addio Campione ...

lunedì 24 ottobre 2011

Il callido sovvertimento del precostituito: musici – poeti sceneggiatori di vita

Licenze poetiche eccessive,
pretese infondate,
distillare poesia da ogni legittimo pretesto
d’un tempo presente
fratellastro di passato
qual ingombrante vacuo simulacro,
eredità in menti
nullatenenti

Pretese rinnovate,
poeti scultori
poeti atleti
poeti musici
speculo su un sovvertimento dell’ordine
immagino un’esistenza dapprima musicata
cadenzata in pittura
recintata in poesie,

Per rimirar poi l’attore umano
seguir versi e note
come i libri sacri,
i vuoti recipienti di immagini luminescenti,
gli stili di vita o le correnti sociologiche
politiche
filosofiche
artistiche
precipitate e sussunte in drappi
abiti di colori
paltò in piume in sorella di benzine

Cambierebbero le vite ovvero le poesie?

Il poeta,
lasciate idolatrate torri d’avorio grigio
lande di chiassoso abbandono
deserti in brulichio d’esperienze ed incontri,
soddisferebbe l’utopia platonica,
indirizzerebbe l’uomo alla scoperta della Sua verità?

L’uomo,
gradirebbe quell’indirizzo
o scalcerebbe
pretendendo la sua Libertà
da quei lacciuoli inesistenti
in seta d’illusione?

Vorrebbe amare come i giovani di Prevert
danzare in fuoco di girandole con Bukowsky
sfidare con lama di piuma intinta di china
quell’alba strazio di notturni
in gelsomini e Chopin?

Non credo

Quella fiamma sarebbe soffocata
dal drappo dell’ovvia conclusione.
della immediata premonizione
benedetta pochi versi più in là
d’un quieto spannung

Allora, vorrebbe egli abbeverarsi
alla fonte dell’erudizione di vita
concepire un’alternativa
senza calpestarla con stivali da 1000 leghe
di supposta esperienza
in realtà scienza d’ignorante
nolontà all’ascolto dell’Altro?

Non credo

Riservo ai miei miti,
i veri Poeti,
la feconda distruzione
d’ogni paradossale atteggiamento dell’Uomo
nella ferma convinzione che con tal critica
essi non esprimano distacco
repulsione, psicopatia
per l’umano sentire.
Quanto un fine percepire il Vero
oltre il velo,
ed un griffare i limiti tutti
per graffiare i difetti tutti.
(Ad Erasmo, in tributo alla sua lungimirante follia)

venerdì 21 ottobre 2011

La Babilonia delle sete squadrate: lo strano ramo dei cavalieri del diritto

Balconata di marmorei piedritti
cinge in distaccato abbraccio
la fabula petrosa del mausoleo dei diritti
luce opaca, funerale da Decameron di Boccaccio
triste ed assorto

Identici in quegl'avvinti
gioghi di seta stinti
vagano com'anime perdute
d'arrivo, destinazion sicura
di tanti Socrate ebbri di cicute

Memoria in ronzii d'api operose
diversi per scelta dal manto del popolo originario
erudiscono carte imbelli di perle di scienza
astrale per elaborazione
machaivellica per ingegno
Libera d'utilitaristica finalizzazione
per vincolanti ordini di fama, danaro, prestigio

Interpreti shakesperiani
adempiono con rigore al brochard del luogo comune
frater fintae amicitiae nell'assordante bisbiglio dei corridoi;
Spartiati madidi di sangue nella violenza dell'arringa;
Baluardi in carta
intestata pro clientes

I geni maligni della Lupa guerresca
sovente ammonivano "Si vis pacem para bellum"
Essi confezionano una pace d'argilla
stilettando sodali e nemici occasionali
in un moto ondivago ed assorto
tra la ragion comune dei difensori delle mura
e l'egoistico slancio dei fuggitivi disertori.

Non condannabili,
non biasimevoli, No
uomini in ghiere
componenti d'un sistema folle,
anche se da loro dominati quali primi inter pares,
comunque inconsapevolmente certi
visceralmente rassicurati
della sua ineluttabile
Immutabilità

giovedì 20 ottobre 2011

Il pellegrino no.33 e la dea d'Erasmo nell'assolata piana del Tempo

E' una danza in brezza d'estate
nella piana di Destiny fields
un Saint Creeck di melanconia
sussurra fruscii d'amore
alle orecchie
del pellegrino no.33,
mentre Letis
mesce affreschi sulla parete
d'azzurro argento
dei suoi occhi
di magia pagana


Attorno a loro
simulacri in nembi
ritraggono le mille anime
dal silenzioso
concerto d'archi
di diaframmi


Il pellegrino
mette in fila
passi sicuri
della Sua ancestrale contraddizione,
amante disperatamente distaccato
confidente accoratamente sordo
poeta illeterato;
scultore amputato,
può solo accarezzare
la creta dell'animo di Letis
e vederla rassomigliare
al capolavoro
da lui partorito
solo nella scomposta perifrasi
del suo gaudente intelletto.


Letis, dea d'Erasmo,
raggiuntolo
lo conduce verso una mulattiera
che taglia Destiny fields
con la forza di dolore
del nepenté d'un amore
giovanile deluso


I passi del pellegrino
assumono coerenza nella follia
di quel seguirla.

La mulattiera
aulente di glicini
e di cadaveri
è una vita avviticchiata
ad un bustrofedico crinale del Tetto del Mondo:
baratri ai lati
paesaggi d'incanto avanti
tagliente vento del nord
a sferzare membra d'incanto


Lei, bella come dea,
piove dubbi e profonde certezze
con flauto di Pan,
il Pellegrino come astante
s'affranca nel contemplarne
la funzione atavica,
il suo immedesimarsi con la natura circostante
con la dolcezza di un'etoile
dagli aggrazziati demi plié
su un palcoscenico di terza classe
Boheme di Mont Martre.


Esplorano rombanti città,
gorgoglianti paesini,
maestose pievi
umbratili monti di giganti
addormentati


Balzano ovattati
su una luna,
volto di Bukowsky
dalla lucentezza di preghiera,
con un bacio
in riva al Saint Creeck ammansito
dalle propaggini d'un salice dolorante


Destiny fields,
si dipana a Ponente
verso il baratro e la tenebra di luce del cielo,
il Pellegrino e la Dea
lo rimirano
confondendo i loro pensieri
al fumo di una sigaretta


s'amano su quel tappetto di roccie
adornata cattedrale di monti
in trionfo di rosoni di stelle


Lavorano al loro sogno.


La sola mano lasciva di Anonia,
non basta
hanno fondamenta 
in arabeschi di futuro
su cui edificare
la loro razionale passione d'una vita.

La Babilonia delle sete squadrate: la donna di fede presso il parfumier

E' una città che Io
ho voluto borbottante
dall'aurora cinerea,
dal meriggiare d'un vermiglio rutilante
disperatamente aggrappato
a quell'anfiteatro di nubi


Da palazzi
a volte
mostri quieti,
altre
angeli della Morte
appaiono figure umane


esse suscitano
la mia attenzione
fugace,
collera d'attimo in pupille,
mentre li smiccio
dal rapido fluire della corrente
fiumana
ch'attira me ed il mio destriero
verso le pareti di mostro


L'una d'un pomeriggio,
assieme alba e zenit
per quell'alcova
di tempo
ove affastelli
pensieri di celata luminescenza,


Scorgo un odore di spezie di petrolio
ficcante, aggressivo
abbaia alle mie narici,
quand'ecco che rotolata la vista in
quell'otre di sensazioni olfattive
m'avvedo della presenza d'una donna di fede


La sposa di Issah
osserva con attenzione
della cipria in terra d'Oriente


Circospetta sembra rifuggire
il guardo dell'altri astanti,
come dovesse mondare un peccato
come se avesse commesso un errore
come se quel gesto incrinasse la convinzione
della Sua grande scelta


Non so se la maldicenza
enorme e stentorea di quelle menti
possa esser dissimulata dal velo setoso delle loro palpebre.


Ignoro se
tanto sgomento
stia nella vicinanza,
logistica quanto flosofica,
alla monaca di manzoniana memoria


nazione di vouyeurs
ricolmi di pruderie
sordi a melensi chançonniers
barcollano casti
in abiti d'assassini


Tuttavia è un cameo
che suscita riflessione
richiede approfondimento,


Per solinghi istanti
ho osato
cavalcare il Tornando
di quel qualunquismo populista,
che rieccheggia con forza
in queste lune,
moralismo riscoperto
sotto i morsi
d'una crisi economica
osservata col distacco d'un museo noioso


Quand'oso speculare,
sulla donna di fede ch'impugna la cipria,
sciacquandomi la bocca con la decadenza dei costumi
e l'imperante strapotere dell'Imago
rabbrividisco:
mai argomentazione fu più dozzinale.


Forse il sol pormi il tema
è indice del mio esser ancor partigiano
dalla vision di prisma inefficace


Ma di lì son mosso
da Pirandelliana percezione del contrario
un'iniziale ironia
lascia il passo ad una piccata melanconia,
la società agisce
trasferisce e stimola l'intelletto
ind'anche l'ideale della beltade profana
fornisce addentellati
per la divina scalata


La donna di fede
è figlia del suo tempo passato
ama con tutta se stessa il proprio sposo
offrendo lui la sua bellezza


La donna di fede
è madre del suo tempo futuro
chi non puote levar gli occhi a contemplare
il finito spettacolo immortale del cielo
lo vedrà sul suo volto
puro d'anima
bello di vita
edulcorato di sano artifizio.

domenica 16 ottobre 2011

Roma 15 ottobre - L'indomabile Bianco destriero del sentimento popolare

[Il machismo da principesse del black block]

Neri
mercenari di violenza
combattono
ideali d'altri;
straziano
libere manifestazioni di pensiero,

Essi,
vera espressione
degli strumenti
ed addentellamenti
dello stato capitale
che tanto combattono,
restano perfettamente avvinti
nelle maglie del brochard
ordine acre
del vecchio Maestro
di pantautologie e narcotici elettorali:

Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri.”
Signori,
rammentiamo
la generazione che c'ha precedeuto

rammentiamo
gli ideali
violentati dal maglio imbelle del terrorismo
da Alcuni perpetrato
da Molti lasciato perpetrare;
per Tutti, al fine, motivo sufficiente
per stendere un velo di Maya
su quella maieutica in vita
di fiorir di rose d'ideale
quei germogli di libero pensiero;
per una moderata
egoisticamente generosa
vita Tranquilla

rammentiamo
le folgori in parole
del libero suddito di Sua Maestà
«la guerra è pace»,
                 «la libertà è schiavitù»,
                                   «l'ignoranza è forza».

Dissolta questa bruma
pensate a ciò che vi rende felici
allo smeraldo di pace
d'un paese moderno e libero

Godetevi ogni stilla
della Vostra Libertà
epurata della dozzinale pantautologia qualunquista
del Parvo omuncolo

Si mangia,
si beve,
si culla,
si dipinge,
si ode,
s'odora,
si sogna,
s'abbraccia
si bacia
la Vostra Libertà!

sabato 15 ottobre 2011

L'aruspicino ritratto del sorriso dell'anima

Adoro questo oceano
di luci,
informazioni,
vite,
musiche,
suggestioni
ove conduco in alpeggio
il mio godurosio intelletto


respiro brezza montana
in coriandoli d'umanità
sfioro
i dolci tasti del mio clericale organo


esso divora
una fuga in Re minore
per un Bach
mai così ligiamente in rottura
con la musica per medi


Registro le sensazioni
dissimulate sotto il velo
d'una giornata priva di voci
di facce
di mondo


Un meriggiar di sole
ad un passo dall'oblio
ed una notte di fate e cavalieri


riapprezzo il piccolo
straordinario
miracolo d'una conversazione
con occhi danzanti
d'astuzia in tunica porpora
Il fruscio del mare dietro
una battuta
butade di poeta in audiocassetta


Apprezzo l'Altro
mondo
il bel
mondo attorno a me
persone in sorrisi


Suscita tonanti riflessioni il garbato Virgilio


<<Le persone sono i loro sorrisi>>


Li immagino
di gioia struggente;
di palpitio languido
nell'oceano mare delle notti d'Afrodite;
di pensieroso contegno;
d'astante riserbo
inceduto in autunno d'anime
di brillante intarsio di preziosi;
di filosofie ondose
morse nella leggerezza d'incanto del momento
di tristezza di perle mendicate


Virgilio sa che ciò non vuol dire
che il perdetto,
il triste
o il serio
non siano
in quanto non sorridano


Nell'abbondanza o nella penuria
di sublime arte di vivere
nella semplicità delle passioni
tutti sorridono


nelle loro anime.

lunedì 10 ottobre 2011

Giganti di cemento angeli d'occhi socchiusi per Non Io e Lei

Morfeo
accartoccia nenie
in cristallo infranto
Comodi giacili
in aspre polverose mulattiere
Fresco Zefiro
in sibili angustiati


Sogni tardano a giungere
rimestatisi
affiorano
troppo madidi di vissuto


Pensieri in cavalli argentei
rallentano
sul pantano del campo
di battaglia
nella propria Sterling di giornata


Zoccoli affossati
sottraggono leggerezza alle stesse membra


Ecco dunque
l'ingegno innocente di bambino


Serrato il sipario delle palpebre
e offuscato il cinematografo
di un cervello
mai così vile,
appaiono dapprima
poche infruttuose lucciole
poi miriadi d'innocenti lumini,
s'aggrottano in textures
sempre più fitte


D'un tratto
quella mescolanza intricata
genera figure
d'interpretazione ondivaga
come nembi nella volta d'Atlante


L'ultima di particolar suggestione
riapre il sipario
e riavvia il ruvido balbettio
del cinematografo


Non Io e lei
soli, immersi nella moltitudine
disordinata
della città


Occhi rapiti
in cenere di cometa


Un buon Dio
dona loro
piogga in rugiada
ch'accarezza
i duri volti degli edifici
con mano di vento
ammansendoli
levigandoli


a quel punto
Essi
aprono per Non Io e Lei
quei mille occhi
socchiusi


lasciano che il vento
suoni la loro canzone
scivolando quieto
su quei tasti gocciolanti


Essi nascondono la loro immensità
al guardo
di Non Io
dentro il mare di noce
degli occhi di Lei


Essi
custodiscono
il ferroso lamento del tram
e lo riconsegnano a Lei
come ticchettio
per sottrarsi,
il tempo d'un vol di luce,
all'abbraccio di Non Io:
Restituirsi
canta meravigliosamente,
sublima
l'astrale dolcezza
di Darsi


Quando la pioggia
ricorda ai ragazzi
la tremula essenza
delle nubi
Essi
aprono il loro cuore
fiorito
dietro quel portale di cavalieri
vele e portici d'ellissi
son foreste e colline


La stanza di Boheme
di Lei
poche strisce di cielo
più su,
l'affanno mescolato
alla gioia dell'abbandono
gli abbracci più interi
le membra più vicine


sino all'entrata di casa


Di qui
paesaggio è perfezione
questa sommaria
notturna
stenotipia
non può, non vuole
abbozzar l'affresco.


E' cimento di Maestri


Finisce la favola di Non Io e Lei
dilatate le palpebre
il brontolio del giorno ch'arriva
richiama il corpo
al suo riposo

L'assoradante borbottio dall'oblò del mio pensiero

Profilo di fenice
si staglia feroce
sulla tela d’un cielo
drappeggiata in velo
di fuoco, ardente
sommesso ocra
l’abbraccia dal sopra
d’un Cimbro cimurro
arieggiato d’un viola
distesa d'infinto sola
su un orizzonte di flessibile burro

Per la prima volta cullo
una città borbottante
in gracchi di tapparelle
sollevate con brama nostalgica
istintivo ultimo tentativo
di catturare quel doblone
d'aria vera
luce flebile
di giornata andata

Preziose gocce
esistenziali
piovute in cascata
di frettolosa mescolanza
di gusti non assaporati
libertà non urlate,
in penuria
di cacce di sogni,
d'erba smeraldo
non calcata,
d'ansimi ingnorati
perché
appresi come miagolii beffardi
d'amante in immediata lontanza

Felicità semplici
celate in complicati trionfi
d'onnipotenza
burbera di seta
mi conturbano per perfezione

cogliere il nero
del getto del calamaro impaurito
è perfetta visione d'istante
in un tempo
parvo
d'orizzonte limitato
Resto ben conscio
dell'abbaccinante candore
del cristallino mare
lì appresso

Maya stende generosa
la sua tela
Penelope operosa
recitano profetici le strofe ed i Veda
da questo
un pio Mayin crea
un universo avvinto dai lacci dell'illusione

<< Occorre sapere che l'illusione è la natura e il Grande Signore è il mago. Tutto questo mondo è compenetrato d'entità che sono particelle di lui.>>





giovedì 6 ottobre 2011

Il frutto di Newton e l'eroe [Farewell Steve]

Simbolo di passione,
dissacrante,
ardente
presenza costante
per anime
demiurghe d'un mondo nuovo


Adamo,
per primo,
cadde nel fascino geniale
di quell'amenità
e gettò l'umanità
fuori da quell'ampolla
di beatitudine
Eden eterno
Natura incontaminata
ove dolore non v'era
e l'immortalità
retrocedeva
le grandi domande della vita
a nembi impalabili


Con quello sgarbo
un Dio punitore
consegnò la mortalità
il dolore
il rimorso ma
assieme a tali cavalieri
d'apocalisse d'animo
regalò anche
l'immarciscente attaccamento
ad ogni singola stilla di tempo
che cola lenta
sulle pareti della storia
che lava
e ridipinge
con detriti e ciottoli di vita


Sir Isaac dipinto sotto un albero
avvertì nella semplicità
di una scenetta da commedia
il salto nel vuoto del
mondo conoscendo
lasciando all'anime
abitanti il mondo conosciuto
l'ardua impresa di
rincorrere la sua cometa di pensieri
decifrare le mille tinte
del prisma incantato della sua mente
luce così brillantemente
bianca


L'Eroe,
come ogni mito degno
di memorie,
non approcciò il mondo con il gladio
del vincente
- illustre sconfitto
dall'affilata damocliana
obbligazione di vittoria -


la gaiezza di un genio ribelle
estro letterario
appllicato a regolari flussi di elettroni


cimento di poeta
in pixel di lucciole pulsanti


bontà di scultore
su cera di mondo
melensa
su tavolette d'ardesia
e nero ebano di Vulcano


ardire di filosofo
tanto di guadagnar il rispetto d'Erasmo
in un si dolce elogio della follia


biascicar di grande attore
nel ritrarre l'affamata bramosia
la generosa avidità
la preziosa consapevolezza
del sognatore


Farewell Steve
grazie per aver reso questo mondo migliore

martedì 4 ottobre 2011

Quella tenebra rassicurante, talamo delle stelle

Immagino
una notte di primavera
dal gusto pallidamente pungente
di vino in fiasco di pagliericcio
una pipa
di fumo armonico
spira rilassato
da membra assorte
appoggiato su labbra stanti
cullate da dita dubbiose

Come tanti prima di Lui
la volta d'Atlante lo ammaliò
balbettò
un crine
il fumo della pipa
gli occhi si protesero a Quella,
Questa meraviglia

Mr Olbers
si figurò Quell'universo
infinito
uniformemente popolato
d'anime luccicanti
sfavillanti
appese

Chinatosi un momento per
magnificare con altro nettare
quel vaso languente
di Murano opaco
fissò l'orizzonte
e ne vide mille altre

Pensò a Raffaello
si chiese perché il Maestro
adagiò quelle anime sfavillanti
su quel talamo di tenebra

Con la sua scienza
dimostrò che quelle anime avrebbero dovuto
riempire la volta
del loro splendore
sottraendo ad Apollo
il primato d'osservare
i mortali
con il piacevole magnificio d'un Dio

Astronomi di fama
non riuscirono a smentirlo
sapevano che quel luccicare
arrivava a baciare i loro occhi
talmente veloce
da esser stato sempre con loro
con i loro Avi
con le bestie feroci dell'Alba dei tempi
con le enormi
roccie immortali
prima che divenissero
levigati sassi
dall'animo pronto al sentimento
della mutevolezza

Passarono cent'anni
ed al fine il paradosso svelato
si manifesta

non più per la sua pallida scienza
ma per l'ancestrale mistero
di Questa vita

Quelle anime lontane
così vicine
nel loro fulgore
non albergavan li da sempre
appese

Il loro volo di lucciole
questione d'attimi
giunge alla limitatezza
dell'essere umano
in un ratto secondo

Come noi
quelle anime vivono
parlano
ma al fine s'acquietano

Come noi
quelle anime distanti
lanciano folgori di bianca passione
che mutano
in rutilanti vermigli
per l'opera del Tempo

Come noi
quelle anime distanti
s'allontanano
vagano
ricercano
se stesse
l'Altro

Lo spettacolo più infinito
poggia i suoi cardini
sul cristallo della finitezza
prerogativa umana

Quella tenebra tanto
temuta
ci consegna il messaggio
più rassicurante

Il domani ha certezze
altre anime di cielo
parleranno ai vostri cuori
godetevi ogni infinitesimo
di questo spettacolo
dal terrazzo della Vostra
anima

lunedì 3 ottobre 2011

La piccola Mia nuda nel silenzio inesistente

Stormi di candida pace
dall'affabbulante frullare
d'ali d'addio

Volto gentile
d'alba di Novecento
con un velo di labbra
vermiglie
fonte di disio
abbandonato
pallido ed
assorto

Una corona di piume
ch'accarezzano
capelli in vortici di melanconia
e cingono
tenui spalle
d'orizzonti di verdi cangianti
in piccoli tocchi
melensi
avvinti ad un'indaco triste
lagrima di mondo

Cantavi un amore
in ardere soffuso
in bacio di rugiada

Le voci degli amanti
odoran di nenia d'un canto votivo

Il tenero abbraccio del mattino
suona come il lento avviticchiarsi d'un glicine aulente

L'abbandono alla passio
indistinta dalla propria passione
si lascia rimirar come soffice fruscio d'un talamo d'erba di montagna

I corpi degli amanti
qual flutti mansueti
fanno assegnamento
sulla loro baia di gioia

Ma qual sventura
per te piccola,
fosti il loro Giona

Quella tempesta attorno
ti parve figlia tua

In realtà Io
credo
nonostante il gramo tuo persuaderti,
figlia del cielo,
tu non fosti come Lui
profeta minore

Il tuo peregrinar nel mondo
non fu vile quanto il Suo
non rifiutasti
non scappasti
non t'addormentasti

Urlasti all'Altro
con melodie d'eroe
il tuo splendido Amore
la tua Verità d'ambrosia e veleno

Voglio pensare
che un buon Dio,
t'abbia riservato un loco migliore
dell'antro d'una balena

Da fioca luce di lume a tarda notte
ti vedo riardere di luce d'infinito

La tua voce
suona anche ora
nelle mie orecchie
in questa dormiente assoluta quiete
di silenzio inesistente.

(a Mia Martini)

sabato 1 ottobre 2011

La lattea Dover oltre la siepe d'argento

Come seduto
su quell'aspro frammento di roccia,
ove l'Atlantico brama ghermire la terra dei Merovingi
con disiose mani di spuma,

Scagliando come dardo
in lontananza il guardo
alle lattee scogliere di Dover

Li ammiro

Abbracciati
in un argento d'ovatta
in un lucente laco di specchi

Anime belle

Valente gioventu'

Per l'intero di'
hanno giocato nella giostra della vita
irandosi
vicendevolmente
per riuscire
egoisticamente
a donare bene
ad altri

Da qui non paiono
vittime di un soffuso
tonante paradosso
Forse
un amor di se'
troppo avvinghiato
in abito di maturita'
in giogo di seta di responsabilita'
rimpallate

Li preserva
Li onora

Come consuetudine
sono stante
per larghi tratti disinteressato

Comunque fieramente
conscio
che in questa sparuta moltitudine
si nascondono
cristalli di cielo a me simili

Come l'almo poeta
fingo
interminati spazi
di liberta'
di la' di questa
beata
siepe d'argento.