giovedì 29 settembre 2011

La giostra dei Don Chisciotte

Cimieri policromi
di scritte affastellate in orrido squadrato sermone
chine di frettolosa infamia

Vessilli omologhi
d’armature in cotone
seta d’Oriente
d’avorio in pallida pietra di bottoni

Destrieri roboanti
da nomi angli, sassoni, di profondo oriente
con scudi in plexiglass barcollanti

Proiettili fumanti in bocca
esacerbano labbra di fulmine

Discorsi farneticanti
in soliloquio ombroso
con interlocutori così lontani
da sembrare immaginari.

Fretta in cimento di polsi
con macchinari in alambicchi
che scoccano minuti
a prima vista
non più loro,
con roteata sincrona e ben assestata
fa sibilare quel destriero su
sampietrini in basalto
bolognini in porfido
acciottolati di lago riarso

Cervantes ne immaginò uno solo
ebbro del suo genio indomabile
convinto nella sua pazzia sesquipedale

Io ne vedo migliaia
come me

Tuttavia
La sua poesia non è di tutti
Il suo sognare disordinato e rapito,
quanto imbrigliato dal morso della determinazione
di cambiare il mondo,
non aleggia tra queste genti

Dunque
O la metafora è sbagliata,
- la mediocrità del poeta, lo consentirebbe senza dubbio –

oppure
questi destrieri
così veloci e annichilenti
non consentono al cavaliere
nemmeno d’avvedersi dei Mulini
nemmeno al pio Sancho di star al loro fianco
e di far piovere i giusti dubbi

La giostra continua
rombante in cerchi di trote lacustri
mentre io
qui al sicuro in queste mura di mostro
riprendo il mio picchiettare mansueto su tastiere d’ardesia …

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