venerdì 30 settembre 2011

La splendida candela col suo vento di cristalli

Dolce come frutti
spezie di terre d'incanto

Candida figura
vestale di paradiso

Carme incantato
favola raccontata con dolcezza di favilla
da una madre

Rimiri beata
un mondo di cannoni
uniformi
falsi
eroi

<< Mi sembra tu stia vivendo la tua vita come una candela nel vento >>
suona con puntualità
veggenza
d'aruspice

Cristallo splendente
solo sfiorandoti
con mani madide
di rugiada di sogno
cuci
canzoni di dolce rivoluzione

Cristallo splendente
aggredito da mani di mostro
irsute
imbelli
ti maneggiano sgraziate
diamante dell'anima

Cristallo spendente,
quelli con ratto furore
ti straziano,
ti frantumano,
ti sferzano al suolo,
ti colpiscono
sperando che il pio suono della tua voce
venga zittito per sempre

Falliscono

Quelle tue particelle di sogni
acuminate
si conficcano in quelle membra
lacerano quel maglio di prevaricazione
quella cortina di superstizione

e riscoprono quel notturno di vita
che diventa marcia d'ideali
trionfo in gloria

Quanta forza in quel tuo piccolo cristallo,
tu capisti che la meraviglia
di questa vita
stà nella discesa dalle glaciali vette del realismo
alle verdi vallate
riservate agli arditi sognatori,
dove il solo cimento
di rasserenare il mondo
con il vento dell'esempio
giustifica e rigonfia la gloria dell'eternità.

(per Aung San Suu Kyi )

giovedì 29 settembre 2011

La giostra dei Don Chisciotte

Cimieri policromi
di scritte affastellate in orrido squadrato sermone
chine di frettolosa infamia

Vessilli omologhi
d’armature in cotone
seta d’Oriente
d’avorio in pallida pietra di bottoni

Destrieri roboanti
da nomi angli, sassoni, di profondo oriente
con scudi in plexiglass barcollanti

Proiettili fumanti in bocca
esacerbano labbra di fulmine

Discorsi farneticanti
in soliloquio ombroso
con interlocutori così lontani
da sembrare immaginari.

Fretta in cimento di polsi
con macchinari in alambicchi
che scoccano minuti
a prima vista
non più loro,
con roteata sincrona e ben assestata
fa sibilare quel destriero su
sampietrini in basalto
bolognini in porfido
acciottolati di lago riarso

Cervantes ne immaginò uno solo
ebbro del suo genio indomabile
convinto nella sua pazzia sesquipedale

Io ne vedo migliaia
come me

Tuttavia
La sua poesia non è di tutti
Il suo sognare disordinato e rapito,
quanto imbrigliato dal morso della determinazione
di cambiare il mondo,
non aleggia tra queste genti

Dunque
O la metafora è sbagliata,
- la mediocrità del poeta, lo consentirebbe senza dubbio –

oppure
questi destrieri
così veloci e annichilenti
non consentono al cavaliere
nemmeno d’avvedersi dei Mulini
nemmeno al pio Sancho di star al loro fianco
e di far piovere i giusti dubbi

La giostra continua
rombante in cerchi di trote lacustri
mentre io
qui al sicuro in queste mura di mostro
riprendo il mio picchiettare mansueto su tastiere d’ardesia …

mercoledì 28 settembre 2011

Verità e mendacio, lame affilate della stessa spada dialettica

Relativismo
Sofismo
Qualunquismo
Fascismo
Cerchiobottismo
Comunismo


gaudenti esperienze di una dialettica di cristallo
fragile alla perentoria caduta dei fatti
diamantea nella stante bellezza
di un pensiero
ben intarsiato
in mogano di erudizione


Uomini che,
dimenticato il valore della parola,
ne riscoprono l'essenza e le potenzialità
solo quand'essa ferisce.
Incanta con sortilegio di carbone
menti irate
di valori infiniti traditi
dalla scostante brutalità di ogni singola sopravvivenza quotidiana


Relativismo con nuances di menefreghismo egoista
per il sofista leguleo
chino su monti di verità di vento
oppure amaro cinismo d'ottone
ove l'importanza dell'obolo surclassa l'odore della libertà e della vita d'ognuno.


Verità di cometa
che arriva veloce
dolce come un temporale estivo,
scalda il cuore d'amore
irradia di tattili percezioni di stacco


Volo, slancio,
bramato da alcuni.
Inultile per molti.


Ridatemi la gioia di sognare ...

martedì 27 settembre 2011

Avesse avuto una lacrima del talento del Bardo dei carrugi

Commedie ed atti d'Aristofane
peregrinazioni di genio
di fiumi riarsi del tempo
Gloria in epitaffi.
Diogene il tiranno v'aspirava
hambriento
Ma nessuna Era potea instillar
in lui di sasso
campi elisi di memento poetico


Addì i dolori del Werther fanciulletto
niun potea emulare,
ma
un Duce di formiche
tentò l'aspro cimento
fallendo
riversandosi in bassa pornogafia
d'un fato aspro e condotto
divenne poi il Benito d'Italia sfortunata


Giovin austriaco
rimirante beate forme delle moderna arte
tentò
stante
di tracciare liturgie con
mezzo di prosa profana.
Letterati di colore
l'oltraggiarono con
pamphlet disdegnosi d'estro
sol lagrime ed odio
circondarono quella vana battaglia
Mein Kampft sibilava stentoreo
mai pugna fu più dozzinale


Solo veggo Licio
genio d'infamia
che canosciuta siffatta mediocrità di cantante
ne fece il suo campione


Il genio maligno
sorprese il fato in quel cul de sac
Mr.B. parvo di talento e stazza
avesse avuto sol una stilla di lagrima
di quel talento letterato,
fosse stato una particella
di quel Faber,
bardo dei carrugi,
forse non ora
ne giammai
dovremmo assistere alla perdizione delle nostre genti
al gemito iridato dei sognatori infranti
allo scalpitio delle membra deluse


Vecchia cara e pia Italia
di dittator l'alcova
madre di sventura superna
quanto d'arte sopraffina
svegliati dal lungo sonno
e confeziona in ghirlande
un futuro di cielo
per le mille anime di luce che t'affollano.

venerdì 23 settembre 2011

Il suono rotto del violino dell'anima

Le mie canzoni
mi aspettano lì


in un oceano di cielo
quiete come stelle dipinte
strappate alla loro costellazione, in ghirlanda


Le amo le mie canzoni
raccontano attimi d'argento
colorano l'abbozzo della mia vita


Il dramma e la sfida dell'espressione umana
è far eseguire la medesima canzone
al violino di due anime tiranne d'amore


I bischeri della cavagliera
come passioni comuni


Il fruscio del crine sulla corda tesa
come tenero abbraccio di miele


Acero montano ed abete rosso,
fusi assieme nel diaframma d'orizzonte della tavola armonica
odorano come notti di passione


Un grande amico, artista e scrittore, mi disse una volta:
<<amare una persona significa diventare una cosa sola,
chi non accetta questo compromesso
non ama con tutto se stesso>>


così è per il violino dell'anima
ove


il vigore di tenebra dell'ebano
si confonde
innamorato
con neve d'Oriente di ciliegio


la simmetria
apparentemente distaccata
delle Esse.
Le scorgi rimirarsi,
l'una nell'altra,
l'incavo di lor teste d'incanto,
mentre attonite sublimano l'alcova della cassa armonica
con un amore in ottave


L'esperanto irato
di un amore pizzicato
vissuto a morsi
come un soliloquio di un Paganini
incessate nell'odio
per le ripetizioni,
in amore mai così bandite.


Beata ogni anima,
fiera ed onnipotente,
quanto umile e pia nell'audire
la magnificente perfezione silente
del proprio concerto interiore.

mercoledì 21 settembre 2011

Lo sdegno ammirato alla vista di un Nerone vestito

Molti fiumi di giorni or sono
un filosofo illuminato
doceva con gioia la sua gente,
bischerava la vanità del suo sovrano
con vernacolo erudito.
Lo dipinse nudo,
imbacuccato com’era,
avvinto
nel suo abito di boria

Se un simil - poeta raccontasse il giardino dell’oggi narrerebbe
di fiumi di tempo ormai fluiti
e d’un nuovo paradosso
altrettanto ilare

Un volgo di saggia ignoranza
or vegge un sovrano
che sublima il proprio ego
proprio nell’ostentazione della sua nudità

Donne e Uomini nel borgo,
lasciati fluire questi copiosi effluvi di tempo,
si scrutano con curiosità
e s’avvedono
dell’ancestrale bellezza della Loro
nudità,
una nuova povertà,
di spirito e per molti  d’oboli,
li ha denudati

Non più ammansiti in quelle generose vesti
percepiscono la dolce quanto fredda rugiada dei loro dubbi
attorno veggono insulae ardenti,
antichi vessilli e monumenti cadere
mentre Penati misericordiosi li rimirano
in un abbraccio di sguardi

Un tale
scagliando il suo sguardo oltre il fumo del fuoco
dissipa una nebbia d’oblio
e sbraita
<< Il re è vestito ! >>
Egli dalla sommità del suo podio,
accerchiato dalla Sua società
di satiri,
ninfe,
dei pagani
e coppieri indaffarati
con quegli otri d’arroganza,
ha oramai abbandonato la sua lira

Si sporge sbigottito,
avverte dapprima la brezza gradevole
delle risa
poi lo Zefiro delle grasse risate
la tormenta dei pamphlet più mordaci
sino all’insostenibile tempesta
delle pie urla di scherno
che s’alzano  
dal borgo in fiamme

Toccandosi il petto
Egli
sfiora con mani di follia
il bordo della sua veste,
la pallida pietra dei bottoni,
l’aggrottato versante delle cuciture
il bustrofedico estro della cinta
il tenero abbraccio del cappuccio

Indossa un saio di perdizione
una tonaca d’empietà
un kippa di velleità
un burka di menzogne

mentre avanti a lui
una nuova generazione di fiori di vita
punteggia l’oceano del cielo
di stelle di speranza

martedì 20 settembre 2011

Libertà matta nell'ultima beata ideologia: il capitalismo amorale

<< Mr. Banfield ...
Mr. Banfield ...? >>


così immagino la cauta Ouverture del giovane studente di psicologia


<< Come giustificherebbe l'odio furioso per il prossimo
adornato dal più abbandonato tra gli amori familiari?
Quale approccio usa il moderno paterfamilias
che contempla la bellezza di veleno
della violenza
strumento per dar vita di lampone
alla propria famiglia?>>


Il genio parlò
di un'attitudine,
un pensiero cementato
nello stanco fluire dell'evoluzione,
un fratello
demoniaco
dell'egoismo


Il genio ne condivise il tramonto parlando di
<<familismo>>
ma
accortosi della costernante bellezza di quell'alba: la famiglia
s'affrettò ad aggiungervi
<<amorale>>


Non v'era bisogno di trovare
un dio
un etica
una morale
bastava la sola logica
per coglierne il parodosso


Nella moderna società
il paradosso
è meno intellegibile,
più scaltro, fugge alle Definizioni:
quelle parole ben scelte
ch'eleggono i fenomeni a miti
condannano gli empi alla perdizione
educano
dipingono verità


Il leviatano di Mr. Banfield
pare sorpassato


L'utopia di Marx
pare vetusta
sconfitta


Le ideologie
che infiammavano i cuori
che rendevano l'uomo di parte,
interessato alla visione del tutto;
che imploravano l'uomo di lottare
per la bellezza disperata del semplice esistere delle idee


sono volate


ma forse ...  non tutte


Egli
professatasi libero è
libertà
di fuoco e non di vento
di tempesta e non d'oceano
di televisione non di teatro
di balzi di satiri spiritati non di danze
d'obolo non di Bacco
di percezione non di sentimento
di strada non di pianura
d'ardire non di sognare


Egli ti sottrae
al beato volo di Pindaro
per il rutilante volo d'Icaro


ti persuade
che il tuo rischio
non divenga mai il dramma di tutti


muta le conseguenze
in errori marginali


vive di mani invisibili
che non t'abbracciano
non ti sostengono
"Il rischio appartiene all'essenza ultima del capitalismo,
per questo il capitalismo è ideologia"

lunedì 19 settembre 2011

Come bambini sul ramo di cielo del Dakota building

Lontani dalle pieghe maestose di una città senza sonno,
senza fine,
con una madre dimenticata,
tuttavia
nutrice per folle di migranti,


Battaglione avvinto ai calzari del suo condottiero
una libertà di donna
di corona
di fiammeggiante autorità


Chiassosa ampolla di stili di vita
benessere sfrenato
povertà nera
scalatori preparati e motivati che aggrediscono versanti della vita
artisti e poeti che contemplano quell'ascesca
con il nietschiano slancio di chi crede di aver già vinto
e la lotta non l'avvince
lo ripugna


Sei bella di ferro New York ...


Scrutandoti con la pia arroganza del neofita,
si passa un vallo
si scollina sino all'Upper West Side,
sino ad arrivare ad un crocicchio,


Un "old cop",
saldo sul suo Ronzinante metallico,
tuona serafico:
"omicidio tra la 72 esima e Central Park"


era un giorno di sangue immacolato
nell'80,
quel folle 8 dicembre
il primo idolatrato folle
fermò il moto di
una fantasia perpetua
un ingegno d'arte rupestre,
ancestrale quanto futuribile,
una folgore di passione di vita,
un assetato di libertà,
un tuo valido alleato ... New York, bella di ferro
un tuo figliol prodigo mondo di tutti
forse il tuo nuovo Messia mondo libero


Un ramo di cielo,
quel lungo corridoio del Dakota building,
esso germoglia di fiori di vita nuova,


Era nato come te,
bello di ferro,
un secolo fa.
Odorava di spezie fiamminghe,
tanto alto era il suo timpano,
tanto ripido il clivo del suo tetto,
tanto shakesperiano l'incedere dei suoi abbaini
tanto ricercate le sue nicchie


Il poeta della pace costruì qui il suo sogno,
tanto lontano dagli schemi della vita
da averla forse trovata per davvero


la vita 


la Sua
vita
di pace,
famiglia,
amore,
arte,
poesia


Bella di ferro,
a rivederlo, lui è
bello di vita,
tu fiera rimmarai, fiera del tuo ferro,
ma
i sognatori d'ogni età torneranno,
ad aggrapparsi
ai loro sogni
sul ramo di cielo del Dakota

venerdì 16 settembre 2011

Il machiavello di Borges

il poeta raccontava:


il sovrano di Babilonia,
gaudente satiro di Persia,
fece edificare il labirinto
più arduo,
inespugnabile,
elaborato,
intellegibile
del pio mondo antico


quand'ecco c'accolse alla sua corte
il re d'Arabia e
per schernirlo
per voluttà
brama
ardimento
lo fece vagare per giorni in quei meandri d'artifizio


Scale, corridoi
come vicoli astiosi di Bisanzio


Salite e clivi degni
del più sommo
intra fiorentini


l'Arabo perse la via


ma al fine ne uscì orgoglioso
del suo ingegno
quantomeno rattrappito
nel costernato godimento
della sua auctoritas


Egli, re d'Arabia,
al suo ritorno
ordinò di costituire il più grande esercito di quel pio mondo antico
e annichilì il re di Babilonia
con gli strali della furia della genti berbere


fu allora che il re d'Arabia
raccolse il re di Babilonia
come suo prigionerio


e decise d'accompagnarlo nel Suo
Labirinto


per giorni e mesi vagò
nel deserto
tra le perdute genti
sino alle sabbie immortali
dove abbandonatolo gli disse
"a te che osasti tanto, ecco il mio Labirinto


il re di Babilonia ivi perì


in quel deserto scorgo la vita
arsa
demoniacamente bella


le scelte son vascelli fantasma
Olandesi volanti
corsari di ventura
s'han da cogliere come il gelsomino nelle notti d'ardore
belle e fallaci come farfalle del disio
ratte e sfuggenti come folgori
che dipingono il cielo
d'un sole fugace

Iconoclastia, nuovo credo dei ferventi atei

Schegge impazzite,
voraci mordicchiano verdure metalliche,            
assaporano frutti d’aria,
sorseggiano bibite miracolose

Di una falsa gioventù,
vigorosa nella battaglia quotidiana per il podio,
fiera nell’aggressione quotidiana
ad un’immensità inesistente
un’assillante
quanto assente presenza

il mercato

Frantumano vecchi idoli
cara casa
dolce natura
tu - uomo
tua donna
arcano cielo
oceano mare
avvinto odore
suadente sapore
contemplazione assorta

Di loro non s’ode più nulla
se non lo stridente tintinnare dei cristalli su un suolo
di dobloni
di paradisiaci vizi
di beate perversioni


Questo è il tratto che lascia di loro la mia china
la scelta dozzinale
è spesso quella di trovare una morale
in realtà non c’è

sarebbe arrogante il solo pensare di compatirli
altrettanto sarebbe 
credersi completamente diversi,
crogiolarsi al riparo dell’intima convinzione di conoscere i veri valori della vita

Il gran poeta dalle valli del tempo tuona ancora sommessamente:
“fatti non foste per viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”

giovedì 15 settembre 2011

L'utopia dei giardini di Corso Venezia

Pochi stentati passi


di là da collerici colletti allentati


Il verde riarso dei platani


adombra un mondo di cartone






Clochards improvvisano un cenacolo


traggono stille d'acqua dalla fonte


La chimera meccanica,


nel trionfo del suo ottone canuto,


gliene fà dono






Bivaccano e riposano su panchine di smeraldo spento


Alcuni, retti su quei triclini,


pontificano con la nenia della loro lingua berbera




Altri divorano con bramosia libri di Hosseini,


mentre altri, in barba ai precetti di un dio loro


- forse non poi così diverso dal nostro -


incendono col vino


Ignoro se agiscano intimamente


come persuasi d'esser fregiati di Mujtahed


e dunque di poter giustificare la loro interpretazione,


ondivaga e sospirata,


con una Ijtihad rubata.




Augelli più simili a ratti,


fan banchetti di briciole.


Esse scivolano ratte, lontane


dalle bocche voraci


per poi cadere dolci al suolo


come stemi cullati dal vento.






Il rumore della città giunge


come ovattato e distante


in realtà esso pulsa qui vicino


Loro non lo percepiscono




Qui dubbi non piovono


società e dilemmi si fan piccoli di fronte


alla benvolente brama d'istinto vitale,


al passo incerto del piacere terreno


che passeggia


scalzo su rovi di miseria




Io non giudico


sol guardo osservo penso

Il brillante paradosso di Oppenheimer

Genialità brada
d’ordine sommo

Un dilemma sangionoso
vestito della triste ed elegante consapevolezza
di brandire
- con vigore d’intelletto –
il filo tessuto dalle Parche

L’umanità tutta
rimirata dal podio del suo mito
rassomiglia
tanto all’immortali costellazioni
quanto ai deboli fili d’erba
sotto la frusta del gelido vento del Nord

Ed Egli,
raggranellate le forze per calarsi tra loro,
conosce l’umano sentire
e stentoreo afferma a Voi:
l’ottimista è chi è totalmente persuaso che questo sia il migliore dei mondi possibili”
e mirabilmente fugace aggiunge
il pessimista è colui il quale, avanti a tale affermazione, non può che dargli ragione” …

La generosa avidità del sognatore

Tramonti morsi all’ombra d’uno Zefiro riarso,
aspri pomeriggi d’estate annegati in un’aria di cera,
uggioso albeggiar d’autunno intarsiato nella tenera grafite dei nembi
la pace attonita nello scrosciar furioso del temporale invernale

Il fiero ergersi del monte, sovrano sulla sua terra di vetro,
tuttavia inglorioso
se posto al cospetto della remissiva imponenza della beltade della piccola pieve

Il lume sfuggente nell’estro del corso d’acqua,
fioco avanti al genio del fanciullo ch’apprende il pesce
con la scienza ignorante del suo impeto

La maestà dell’onda nell’indaco mare
che irato brama ghermire il plumbeo cielo con sue mani di spuma,
solo paesaggio e contorno all’indomabile passione del pescatore
e alla rispettosa ascesa del suo vascello,
lungo sterminate distese di zaffiro

L’orrido dominio dei grattaceli sulla città
essi, d’arroganza malcelata attentano al loco degli dei,
nulla possono verso il punteggiare ordinato,
il progetto d’ingegno, la callida struttura nel volo delle rondini

Di queste e mille altre si nutre il sognatore,
che mille e mille altre vorrebbe apprendere,
ma la fantasie son di noi tutti,
si prendon in prestito per ornar la pagina bianca e
si donan di lì a poco
per amor,
per odio,
per dolor,
per il podio,
per la fama,
per talento
per la brama,
per cimento.
Forse per nessun di questi
Forse perché nessuna d’esse al fin resti
ma ch’ognuna torni come cometa
astro o stella, a cinger noi
che nel vederle scorgiamo la nostra meta
ma ghermirle più d’un attimo ora non possiamo, forse poi …