Debussy tintinna nel padiglione,
il passo ammirato s'arresta e riparte
in una mistura venefica di sorpresa e torpore
La strada, frantumata dalla delicata bruma,
si lascia soggiogare da un manto spumoso
di cinereo candore
Tracotanti fiaccole borbottano bagliori,
s'ergono e rimirano, appollaiate su rami di ferro chino
ch'aude lo scricchiolio dei miei piedi sulla strada
Solo
mai così intimamente vicino al Mondo:
chi bisbiglia sogni sotto coperte di stagno,
chi, con gesto ratto, fa gracchiare una tapparella in lontananza
chi, disegnatrice di linee rette, suggerisce gentile il vorticoso poetare d'Isabella,
chi, campionessa del futuro, voltato il capo, raccoglie sognante la sua odierna felicità;
chi, distesa la fronte aggrottata, sorseggia mirtillo e traccia ponti verso loci lontani,
chi, sorriso alla vita ed all’amore, continua a farlo incosciente quanto fiero di quella ferita;
chi, mantecato il consommé della giornata, s’accovaccia su un buon libro;
chi, brancicante nella luce di tungsteno del dì,
danza nudo di sofismi nella notte del canto;
chi, specchia la sua immagine in un bicchiere,
quasi a volerla annegare nel passato d’opale del luppolo;
chi volteggia nella sua criniera di sogni, madido di speranze in rugiada;
chi intona epici canti di vittoria in dobloni,
bramando in sé un monte e del buon vino;
chi cataloga fotografie di sanguigno vissuto, in cantine inaccessibili
A me stesso, che efflata una lingua di quella cinerea bruma,
scaglio una cometa in uno schioccar di dita
ed Ella s’adagia sulla nera strada
ricomponendone il lucente sonno di cristallo.
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