mercoledì 29 agosto 2012

Ben spesi quei danari!

Tintinnare di urla nelle orecchie
in una locanda dall’umido vestito
di lampade sfuocate vecchie
come le parole di quel gallo impettito
che pontifica da dietro il bancone:
ecco l’antica verità del Poetone.

“Cazzo i miei soldi me li son spesi bene,
mi son comprato la musica!”
Tuona tronfio della sua gioia di pene,
di perversione ludica.

Quella locanda puzza appena di più
del mondo d’occhi che ci ondeggia, fuori
di sé, caldo dell’abbraccio che fu
dell’ultima bionda, gelata dal frigo dei cuori.

Penso:
“Cazzo i miei soldi me li son spesi bene”
talmente bene che me li son dimenticati,
non ho idea di quanti ne piovano sulle schiene
di chi li conta o li usa come me, però distaccati.

Che fascinoso quel loro progetto: una foresta di futuro
nel vaso d’una passione, cucita dietro una divisa d’amenità
d’una generosità spassionata ad erigere un muro
per unire ed arrampicarvici sino al sole della superiorità.

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