Scritti grandi e torniti
d'errori in drappi di foglio infiniti,
d'un equilibrio incerto e corrotto
attendono dalla ragione un rimbrotto.
Sfilate le luci delle citta'
l'occhio mancino gracida,
un treno ch'ondeggia nel vespero d'aldila',
mi conduce fraterno nella notte acida.
Mano turchina, sorella ignorata,
distorci la china, con tua scrittura seghettata;
Scopro lodandomi,
il vituperio del mio animo,
Pulisco infangandomi,
il terso oblio dell' occhio minimo.
E' un oceano che dilaga in un bicchiere,
un attimo ch'ammorba ere.
E' una precisa convinzione distorta,
un dubbio che soffia nella fessura della porta.
Sono una poesia mancina,
un dolore destrorso s'avvicina,
Capire che il mio sguardo ha la forma del miele,
Capire che il vostro sguardo odora di sale,
Vederla abbaiare ad un cane in un cortile,
Negando alle mille pecore la calma dell'ovile;
La poesia mancina stritola il cuore
ne versa il dolce succo sul sole che muore.
La poesia mancina benedice la notte,
ne beve il nettare dopo averla presa a botte.
La poesia mancina parla de "i Voi",
ben conscia d'esser malata de "i Suoi".
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