Qual taglio - dolorosa ferita - dal dolce pianto
sgorga sangue terso, sapor di spezie,
riga la delicata palladiana di vincenti il vanto
abbevera la povera maestà d'un sentimento, non turbata d'inezie.
Qual gola - crepaccio incantato - segna il distacco
d'una parola dalla sua bocca, generosa nutrice
scaglia un dardo di lettere in alto, oltre il bivacco
di pensieri pellegrini madidi d'una compassione per sè felice.
Qual fonte - aggrovigliato tessuto - ad unir pareti scoscese
d'esseri disposti in invetriata assonante opacità
ognuno irrorato dalle proprie nubi di tramonto accese,
mura impenetrabili d'agile aggiramento per sola opportunità.
Qual sguardo di vibranti pupille a contendere al tuo nocciola,
il primato d'una bellezza di scultorea invisibile cromia
ignorata dal rutinario ondeggiare del crine a mo' spola
mentre l'aria si fa scatola per grilli di distratta autonomia.
Naufrago d'oceani in bicchieri smiccio l'orizzonte e viro,
grani di clessidra dividon l'ampolla ... qual virgola in un sospiro.
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