giovedì 10 luglio 2014

Biassanot per languor di stelle

[Domanda che una serie di me stessi farebbero a me stesso]

Perché ignorare la notte in un'osteria deserta,
con un bicchiere appena oscurato dal purpureo
scivolare dell'ultima goccia di rossaccio asperta
da una brocca chiesta senza istinto, con solo un plumbeo
cenno nel vagare dei pensieri [di là] oltre un immediato governare le increspature del domani;
assenso nel prender atto [di qua] del mareggiare della vita così cocciutamente ignara degli scogli
di convinzioni senza motivazioni,
di un'ideologia senza idee,
del cinismo senza esperienza,
del sonno senza sogni.

[Risposta che un me stesso darebbe per amor di verità]

Perché chi addenta la notte, lo fa ...
perché il giorno e tutti quelli che lo vivono, lo percorrono, lo intersecano, non lo vogliono di mezzo.

Perché chi mangia la notte, lo fa ...
perché di notte sembra sempre che tu possa imbastire qualcosa di più [di là]

[Risposta che un me stesso darebbe per amor di poesia]

Perché chi addenta la notte, lo fa ...
perché il giorno e tutti quelli che lo vivono, lo percorrono, lo intersecano, son convinti di banchettare ma s'abbuffano di vento e suoni

Perché chi mangia la notte, lo fa ...
perché di notte sembra sempre che qualcuno, qualcosa, (forse) Quello [di là o di qua] ti ascolti un pelo di più.

martedì 18 marzo 2014

L’Acquerello

[In memoria di Antonio, mio zio]
Amo l’acquerello, una pittura che odora di vacuità dove l’acqua svolge un effetto particolare sul colore, lo abbraccia in un legame sadico così incredibilmente prossimo agli accadimenti della vita umana.
La tela, nella fremente attesa del tocco del pennello, si irrigidisce sperando nell’abbraccio corposo e pervasivo della tempera. Quale calda melassa ad avvolgere la propria superfice ruvida e candida, come gradita invasione nelle pieghe e rientranze della sua materia, impercettibili allo sguardo distratto – o d’insieme nella versione accomodante ed eufemistica – dell’osservatore.
E’ legittimo ritenere che ne rimanga delusa.
Attende un abbraccio e riceve una carezza. Una tocco forzatamente distratto, per non essere sopraffatto dalla natura sfuggente dell’acqua, dal suo irrimediabile istinto a fuggire e lacrimare sul tratto vellutato della matita usata per incidere il Soggetto in una posa statica da rendere vivida con la luce del colore.
Il finale lascia esterrefatti.
La biografia letta da un annunciatore dovizioso ancorato ad un discorso scritto con una istituzionale Olivetti scarmigliato da qualche appunto d’un corsivo ispido sferzato da una Biro diventa un monologo appassionato d’un attore consumato con i rossi come toni alti e moti di spirito, i blu come pause sceniche a cui rimanere appesi in attesa ed i neri a dare una dimensione al tutto.
Il finale lascia esterrefatti.
Il Suo confrontarsi con il mondo e con la vita, ordinato e programmato, come la matita assume un nuovo significato …
Per i colori di cui si è circondato …

Per il modo in cui ha dominato la natura sfuggente dell’acqua e, in qualche modo, della Vita.

Un posto dove il cielo si guarda solo di domenica

Con la testa dritta, unica inclinazione gradita a 45 gradi.
Lavoratore o semplice frequentatore della società, guardi
dritto, davanti … in basso … a lato … in basso … guardi.

Con la testa ferma, unico moto gradito a 360 gradi.
Vortice ordinato di informazioni o meri adempimenti, vedi
senza notare, davanti … in basso … a lato … in basso vedi.

Con gli occhi vibranti, unico bagliore gradito a plurimi pixel
Danze di pensieri od aspirazioni, da impilare, cataloghi
senza comprendere, davanti … in basso … a lato … in basso cataloghi.


Il cielo si stanca di stupirti …